La forma plastica non rappresenta la figura, ma la sublima, ne trasforma l’essenza, la cala e la isola nello spazio reale e, isolandola, la idealizza: forma-oggetto che risolve in sé ogni relazione spaziale, si racchiude in un involucro impenetrabile, si pone come presenza altamente problematica dell’ideale nel reale, dell’assoluto nel relativo. Questa frase di Antonio Canova spiega molto bene il suo credo e il suo modo di lavorare. In occasione dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale è uscita un’opera dedicata proprio al celebre scultore vissuto a cavallo tra il ‘700 e l’800. Si tratta di “Antonio Canova, il segno della bellezza”, un volume prezioso e che riesce a condensare in modo preciso e accurato grandi competenze, sia artistiche che culturali, per comprendere meglio chi era questo straordinario personaggio.
Si tratta di un libro ma può anche essere considerato una vera e propria opera d’arte. Gli appassionati del genere non possono lasciarsi sfuggire una occasione simile. L’omaggio a Canova è sentito e fortissimo, inoltre se ne può parlare come di una sorta di “monumento” a quello che viene considerato un patrimonio imprescindibile della nostra cultura. L’opera non è altro che il risultato finale del lavoro certosino e infaticabile di Giuseppe Pavanello, il quale insegna Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Trieste.
Il docente ha dedicato gran parte dei propri studi ad Antonio Canova, quindi il volume raccoglie tutti i suoi testi con una suddivisione in tre parti. La prima è quella che tratta e delinea il Canova scultore, mentre la seconda riguarda i dipinti realizzati (Canova era anche un apprezzato pittore), i disegni e anche le incisioni. Inoltre c’è la terza sezione in cui si parla del metodo di lavoro dello scultore nello specifico. Pavanello ha anche dato vita a un testo inedito, una vera chicca per gli amanti del genere. In pratica il professore ha descritto come nessun altro avrebbe saputo fare il percorso umano di Antonio Canova, unico e inimitabile, oltre a quello artistico.
Di solito si parla delle sue sculture, ma il confronto e il collegamento con tutte le altre opere consentono di apprezzare il personaggio a tutto tondo. L’elenco delle realizzazioni artistiche meno note comprende i bozzetti, i monocromi e i gessi, un modo utile per far capire quanto l’artista fosse fuori dal comune e per questo motivo geniale. L’opera è incentrata poi sul grande segreto che riguardava Antonio Canova, vale a dire la tecnica usata per rendere il marmo identico alla carne umana. Gli esemplari del volume sono mille, 975 con i numeri arabi e gli altri 25 con quelli romani. I libri sono stati pensati per rappresentanti delle istituzioni, autori e molto altro ancora.
Le pagine sono circa 400, complete di riproduzioni fotografiche e scatti pregevoli per guardare da vicino le migliori opere di Antonio Canova. L’attenzione nei confronti del genio del marmo è ancora altissima, come testimoniato da una notizia che è apparsa su tutti i giornali in questi ultimi giorni. Uno dei suoi busti è stato venduto a Montecarlo a ben 2,5 milioni di euro, una cifra davvero importante. Si sta parlando della scultura che raffigura Lucrezia d’Este, la nipote del Re di Francia Luigi XII, una donna che visse nel ‘500. L’opera invece risale al 1821 e non veniva mostrata in pubblico dal lontano 1928, oltre nove decenni fa per la precisione.
Fino a poco tempo fa era di proprietà di un collezionista che vive in Svizzera, appartenente a una famiglia che ne era in possesso proprio dall’800. Non è comunque il record assoluto per Antonio Canova e per la vendita di un pezzo uscito dalle sue sapienti mani. Giusto due anni la casa d’aste Sotheby’s riuscì a incassare sei milioni di euro per un’altro busto, poco più di quanto totalizzato per un’opera che rappresentava Gioacchino Murat (4,3 milioni di euro).

In molti la rimpiangono, altri si sono abituati all’euro: stiamo parlando della lira, la moneta ufficiale del nostro paese fino all’inizio degli anni Duemila. Quante persone conoscono la sua storia? La nascita ufficiale risale al momento in cui Carlo Magno impose la riforma monetaria per il Sacro Romano Impero. In pratica si decise di mettere sullo stesso piano una libbra di argento e 240 denari o 20 soldi. La lira era proprio divisa in soldi e nel corso del tempo ci furono ulteriori sviluppi. La prima apparizione di questa divisa come l’abbiamo conosciuta un po’ tutti è collocabile nel XVI secolo. Il 1474, invece, è l’anno universalmente riconosciuto come quello in cui la prima lira venne coniata e battuta in modo ufficiale. Si trattava della moneta in argento da 20 soldi di Niccolò Tron, mentre il luogo di questo “esordio” fu Venezia.
Le barriere doganali non avevano più alcun motivo di esistere e quella decisione fu lungimirante. In effetti la “resistenza” della valuta proseguì fino al 1° marzo del 2002, quando si lasciò spazio all’euro. Non sono poche le persone che hanno conservato banconote e soprattutto monetine come ricordo della lira che veniva usata per gli acquisti e le spese. Molte di queste monete sono rare e questo rende il loro valore a dir poco appetibile. Un esempio è quello della lira con l’arancia raffigurata in una delle due facce che risale al 1947: dall’altro lato c’è invece una donna con le spighe e un ramo d’arancio. Oggi potrebbe valere una vera e propria fortuna, nello specifico quasi 1500 euro.
Il primo in assoluto del nostro paese risale al 1927, poi fu coniato il gettone più famoso della storia italiana, quello con le tre scanalature che ha resistito a tantissime epoche e generazioni. Nel 1959 un singolo gettone valeva 30 lire, mentre erano 45 nel 1964. Nel 1972 si arrivò fino a 50 lire, mentre nel 1980 fu toccata quota 100. L’ultimo anno di utilizzo è il 2001. In molti sono ancora affezionati a questi pezzi e l’attuale valore non è altissimo, ma da non trascurare completamente. I primi “esemplari” di fine anni Venti possono sfiorare i 100 euro, un valore che tende a ridursi a seconda dell’epoca di battitura. La lira non è più la nostra moneta da 17 lunghi anni, ma la sua storia affascina ancora ed è sempre piacevole ripercorrerla.